La missione della Fondazione War Children Hospital continua a generare interesse. Il Rotary Club "La Malpensa" (distretto Busto, Gallarate, Legnano) ha infatti ospitato il dottor Massimo del Bene, presidente di WCH, per presentare ai soci le attività della Fondazione.
Il dottor Del Bene ha ripercorso con cura la strada che lo ha portato, nell'aprile 2025, a fondare War Children Hospital: anni di esperienza come chirurgo della mano a Legnano e poi a Monza, dove è stato per anni primario ed ha eseguito il primo doppio trapianto di mani con cellule staminali al mondo, le esperienze sul campo nei primi scenari di guerra e la decisione di fare qualcosa per aiutare i bambini delle zone di conflitto, vittime innocenti "di un destino che non hanno scelto".
Di seguito il testo integrale estrapolato dal bollettino del Rotary.
Terminata la presentazione, il socio Lorenzo ha ceduto la parola al suo ospite, il professor Massimo Del Bene, chirurgo di fama internazionale e primo ad avere realizzato un doppio trapianto di mano con cellule staminali, intervento unico al mondo.
Il professore ha esordito con un ricordo personale, sottolineando il legame con il territorio e con la scuola chirurgica di Ezio Morelli, presso la quale aveva mosso i suoi primi passi professionali oltre quarant’anni prima. Ha ripercorso la sua encomiabile carriera, ricordando gli anni all’Ospedale di Legnano, e poi il trasferimento a Monza, dove aveva ricostruito un reparto simile a quello che aveva contribuito a far crescere a Legnano. Ha raccontato che nel 2010 aveva eseguito il celebre doppio trapianto, portato a termine con successo, e che, dopo anni di attività, aveva lasciato l’Ospedale per dedicarsi a collaborazioni internazionali con la motivazione di fornire un contributo volontario.
Ha spiegato che le missioni in zone di conflitto, come quella in Tigray, tra Etiopia ed Eritrea, lo avevano profondamente segnato. Lì aveva operato senza sosta giovani soldati feriti, spesso adolescenti, e aveva constatato i limiti dei grandi apparati internazionali, troppo burocratici e costosi. Da quella esperienza era nata l’idea di creare, insieme ad altri colleghi chirurghi, la fondazione “World Children Hospital”, dedicata a offrire cure a bambini vittime di guerre e violenze. Ha raccontato che la fondazione si distingueva per la trasparenza e la concretezza: ogni euro donato veniva destinato direttamente alle missioni, senza sprechi, senza strutture burocratiche pesanti, perché gli stessi chirurghi erano anche i volontari sul campo.
Il professore ha spiegato che la fondazione, tramite i suoi associati, ha già operato in vari contesti difficili, da Gaza allo Yemen, fino alla Siria, e che a breve sarebbero partite nuove missioni, sempre precedute dall’invio di materiale medico necessario, difficilmente reperibile in loco. Ha parlato delle mostre fotografiche itineranti organizzate per sensibilizzare l’opinione pubblica e raccogliere fondi, mostre che non vogliono suscitare pietismo, ma mostrare con lucidità la realtà dei bambini colpiti dalla guerra, vittime innocenti di un “destino che non hanno scelto”.
Ha sottolineato , con enfasi, come ogni amputazione in quei paesi condanna i bambini a una vita di marginalità e miseria, perché senza welfare non hanno possibilità di reinserimento sociale. Per questo, l’obiettivo rimane quello di intervenire rapidamente, portando cure sul posto, ma anche trasferendo in Italia alcuni piccoli pazienti per garantire trattamenti impossibili nei loro paesi.
Del Bene ha insistito sulla necessità di un modello di intervento rapido, agile ed etico, lontano dalle logiche delle grandi organizzazioni internazionali, ed ha espresso ,con passione, la convinzione che la vera forza della fondazione risieda nella dedizione personale dei medici, che mettono cuore, mani e competenze a disposizione dei bisognosi di intervento ,senza chiedere nulla in cambio. Ha ringraziato i presenti per l’attenzione e ha invitato, chi lo desidera, a sostenere il progetto, spiegando che ogni contributo, anche minimo, potrebbe trasformarsi in un’operazione “salvavita” per un bambino offeso nel fisico.
I soci presenti hanno accolto con grande calore il suo intervento, riconoscendo la straordinaria umanità e il valore del lavoro svolto, ed hanno, anche, esternato consenso ed ammirazione, sottolineando come un’iniziativa di questo tipo merito non solo calorosi applausi di apprezzamento, ma anche un sostegno concreto, sia personale che collettivo da parte del club. La conviviale si è conclusa con un rinnovato e sincero applauso corale, segno della profonda emozione e del rispetto che le parole del professore hanno suscitato.
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